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LA SINDROME DI COSTEN

LA SINDROME DI COSTEN? ha da sempre avuto un posto speciale nell’immaginario degli odontoiatri!
Correva l’anno 1934 e un otorino di Saint Louis, forse senza saperlo e magari suo malgrado?, passò alla storia per la teoria della mancanza di supporto molare posteriore come responsabile dei sintomi “auricolari” in 11 pazienti ?
  • A livello scientifico, no comment. Oggi quello si chiamerebbe CASE SERIES, non certo al top della gerarchia dell’evidenza. Sappiamo bene che tali teorie non hanno retto ai test scientifico-deduttivi. D’altronde non si può certo imputare alcuna colpa al buon Costen?, che ha semplicemente proposto un’ipotesi fisiopatologica per spiegare dei sintomi di origine ignota secondo le conoscenze dell’epoca…
  • A livello storico, tuttavia, la teoria di Costen ha avuto un impatto devastante su diverse generazioni di odontoiatri (ed anche medici di altre specialità) e, conseguentemente, pazienti.??? Ancora oggi infatti gli eredi di Costen applicano il metodo scientifico del 1934 ?: case series su pazienti ai quali vengono eseguite manciate di radiografie per trovare l’altezza ideale di un bite, fantasmagoriche indagini tridimensionali per comprendere l’ideale posizione occlusocondilognatoposturale, terapie ortodontiche per liberare il condilo dal muro anteriore, ipotetiche ricatture del disco articolare o formazione di “pseudodischi” senza mai aver visto una risonanza magnetica, esami strumentali senza valori normativi di riferimento usati per diagnosticare e correggere problemi dell’occlusione dentale…teorie diagnostico-terapeutiche costruite su pazienti altrimenti sani o con evoluzione benigna dei sintomi, ignorando che nel mondo là fuori il metodo scientifico sta suggerendo di fare altro.
  • A livello etico, nessun comitato etico approverebbe ciò che si vede fare ancora troppo spesso routinariamente nel nome dello scudo offerto da termini come gnatologia o odontoiatria funzionale (la saga del “faccio così, mi sembra funzioni, costruisco un’ipotesi, nego ciò che non quadra, dimostrami tu che sbaglio”) – si tratta di sperimentazione clinica non supportata da fondamenti scientifici ed eseguita su pazienti non propriamente informati?
La mia riflessione conclusiva è che forse tutto questo, che scandalizza e disturba gli esperti in materia, semplicemente richiede per essere cambiato molto più tempo di quanto noi contemporanei siamo disposti ad accettare. I trenta o quarant’anni trascorsi dalle prime pubblicazioni a supporto del modello biopsicosociale del dolore e dello smantellamento definitivo del modello gnatologico classico sono tanti, ma sono niente se li potessimo rileggere tra qualche secolo nei libri di storia?
Morale: KEEP PUSHING❤❤❤